Corpi Ribelli – Resilienza tra maltrattamenti e stalking – Parte seconda
Il percorso descrittivo iniziato con l’Autrice Stefi Pastori Gloss, è importante e delicato, giacché affronta il tema della violenza, in tutte le sue forme e direzioni.
Pensando alla parola “violenza”, la mente è indotta naturalmente verso l’immagine di un’aggressione fisica, se ci soffermassimo a riflettere su quali possano essere altre forme di aggressività, sono certo che riusciremmo a trovarne un paio che appartengono alla nostra quotidianità, non intendo dire che appartengano a noi, ma a qualcosa che osserviamo con normalità nella vita che ogni giorno affrontiamo, e che non abbiamo letto come violenza.
La pressione psicologica è una forma di violenza, come lo è l’induzione, sotto forma educativa per i bambini, verso atteggiamenti categorizzati per sesso, o come meglio descritto dall’Autrice, la polarizzazione dei generi.
Proseguiamo con la seconda parte dell’intervista fatta dalla signora Floriana Naso a Stefi Pastori Gloss, per chi non avesse letto la prima parte, troverà il link a fondo pagina.
Cos’è l’amore per te?
Vorrei cominciare questa risposta con ciò che viene spesso confuso con AMORE, invece è possesso alessitimico.
Dopo l’aggressione, l’uomo attiva comportamenti che sono scambiati per amore: chiede perdono, supplica di essere reintegrato in famiglia, porta fiori, regali, attenzioni particolari e dedicate. Soprattutto, promette che non si comporterà mai più da violento. La partner finisce per credergli, ma dalle psicologhe dei Centri anti violenza in Italia clinicamente questa serie di comportamenti è stata definita “effetto luna di miele”.
L’obiettivo del picchiatore si concretizza nel ripristino di un clima sereno e amorevole da sposini innamorati, pieno di affetto e attenzioni. In queste situazioni di violenza domestica, l’“effetto luna di miele” da pochi giorni può protrarsi anche per mesi. La donna, così attorniata da premure e gentilezze, resta spiazzata, si convince da sola che il partner è guarito, perché, attento a lei, costui non le concede spazio né tempo per pensare con la propria testa, fino a condizionarne le decisioni. Rinuncia persino a denunciarlo. No, non è amore. È tentativo di ripristino del potere sul soggetto debole. È una strategia che spiana la strada a una nuova distruzione.
Prendo ora in prestito e faccio mie le parole, rielaborandole, di Sorella Margherita De Blasio che ospitò per una quindicina di giorni me e mia figlia dopo il maltrattamento. L’Amore non distrugge, ma trasforma tutto quello che tocca e lo rende Bello, di una bellezza che si estende anche oltre i limiti dell’umano. Io credo che nel momento più difficile della mia vita, proprio in quel momento, sia avvenuto un miracolo. Il miracolo dell’amore vero che emerge dal profondo del nostro essere, assopito dalla materia, anestetizzato da una presenza falsata di un affetto, di un’attenzione, di una cura e più semplicemente di essere amati.
Questo bisogno è essenziale per noi, è vita e cresce e si rinnova. Mentre sperimentavo la distruzione di un amore “falso”, ne sperimentavo un altro, molto più forte di quello che mi voleva distruggere e che mi dava quella luce negli occhi e quella energia nel corpo, forse un po’ stanco, forse un po’ abbattuto ma non schiacciato. Un amore che era preludio di una rinascita, che stava trasformando già la mia vita e che nasceva proprio da me: mia figlia Sofia!
Di mio, aggiungo qualche nota. Appena dopo il maltrattamento, non solo odiavo lui, ma l’intera categoria degli uomini. Per guarirne, mi impegnai a lungo con una psicologa di un centro anti violenza a livello personale, poi con un gruppo di auto – mutuo – aiuto tra donne maltrattate mediato da due psicologhe. Per anni feci sesso protetto con decine di partner senza volermene innamorare. Sono tutt’ora senza partner, ma so che sta arrivando. Costruisco l’amore. Sottolineo che l’Amore vero lascia liberi. Non costringe. Non schiaccia. Non perseguita. Non schiaffeggia. Non picchia. Non uccide. L’Amore vero innalza se stess* e l’altr* verso i vertici sublimi dell’empatia per il prossimo, è catarsi per la felicità condivisa, è condivisione dei momenti di gioia così come di quelli di tristezza, è guardare verso l’infinito fianco a fianco dalla scogliera dell’Universo. L’Amore purifica entrambi e li slancia verso gli Altri.
Puoi riuscire a giustificare comportamenti ossessivi in nome dell’amore?
Giustificare, NO. Comprendere, SI.
Mi sono chiesta cosa succeda quando in determinati fatti di cronaca nera un individuo agisca della violenza su un’altra persona, risparmiandomi però considerazioni morali su chi sia il reale mandante del delitto, sulla discrepanza di intendere l’amore tra il “qui e ora” dell’uno e “le aspettative per il futuro” dell’altra, sull’incapacità
di certe donne di capire che alcuni uomini mettono in competizione le donne tra loro e che da questa competizione non nasce nulla di buono, sull’impossibilità pertanto di vedere come prioritaria la sorellanza tra donne che non la dipendenza affettiva da uomini, individui sì narcisisti, ma perversi.
Presi in esame in particolare il caso della donna tirocinante medico e del suo datore di lavoro, lei ventottenne senza legami affettivi , lui sessantenne, sposato, “Giovane dottoressa uccide a coltellate la moglie cinquantottenne del suo amante http://archiviostorico.corriere.it (14 dicembre 2012)”. Un caso esemplare. Mi accorsi di quanto nessuno dei due abbia concesso all’amore il tempo necessario per svilupparsi, per crescere, anche di confrontarsi e scontrarsi nelle due diverse modalità, di scoprire le motivazioni profonde che stanno alla base dei due differenti comportamenti, entrambi problematici. Parimenti alla base del comportamento di lei, affondano le radici di ferite profonde nell’infanzia, legate ad abbandoni e a gravi mancanze d’affetto.
Insomma se è vero come dicono gli esperti che il nostro rapporto col partner dipende da come ci siamo confrontati coi genitori fin dalla prima infanzia, potei ipotizzare che:
a. Sentendosi messa in competizione con la madre o con la sorella, lei ventottenne abbia avuto un’infanzia dove il padre la obbligava a cercare il modo di guadagnarsi il suo affetto e le sue attenzioni. Perciò una donna così, col suo partner, riproduce la stessa situazione: in cronica astinenza di attenzioni e dedizione affettive, le cerca, le vuole, le pretende. Sfortuna vuole – o reiterazione del vissuto vuole – che si imbatta in un uomo con la stessa personalità gelida del padre.
b. Lui sessantenne abbia generato in sé una mancanza di fiducia nei rapporti d’amore e d’affetto, perché la sofferenza più grande l’ha ricevuta proprio da chi si aspettava amore e affetto (le botte dai genitori, picchiatori). Perciò un uomo così, nella sua partner, cercherebbe costantemente il difetto, l’errore, anzi di più, crederebbe che, dietro all’amore e ai gesti affettuosi, si nascondano in realtà le sofferenze più atroci, fisiche (le botte) e morali (il tradimento della fiducia).
L’uomo narcisista perverso si barrica dentro a una corazza e, alla prima incomprensione, vede il diavolo nella donna che ama, vede in lei colei che lo vuole fregare, che lo tradirà, se non lo tradisce già. Più lei è bella, intelligente, lodevole agli occhi di tutti, generosa, impegnata, più si industria ad accontentarlo, a lenire il suo sospetto, la sua sofferenza, più si prodiga nei gesti d’amore e d’affetto per conquistarlo e guadagnarsi le sue attenzioni, più lui pensa che lei lo faccia non per disinteresse, ma per fregarlo quando meno se l’aspetterà. Insomma, se i due non si parlano e non si confrontano, si sono trovati, ma per vivere un amore tossico che li farà a pezzi. Comprensibile ma ingiustificabile.
Qual è il ruolo degli uomini su questa tematica, secondo te?
Per riprendere il discorso sugli stereotipi di genere appena fatto, partecipai anni fa ad un seminario in cui spiccarono le considerazioni relative proprio a questi stereotipi e quanto sia importante, da parte dei genitori, al fine della costruzione di una personalità forte nel bambino che da grande sarà adulto rispettoso delle differenze di genere, non demonizzare lo stereotipo in sé, ma offrire una vasta gamma di modelli nei quali i bambini possano riconoscersi e confrontarsi a loro libera scelta.
Anche le conclusioni del seminario furono eclatanti: la violenza sulle donne e contro le donne è un problema degli uomini. Basti pensare che nei cataloghi dei videogames – per intenderci, i giochi ammazzatutti – non esistono titoli dedicati all’universo delle bimbe. Emblematico? Pensiamoci.
Più in generale, direi che il ruolo degli uomini su questa tematica sia di massima rilevanza. Penso infatti a quelle associazioni tra uomini contro la violenza sulle donne, come Maschile Plurale, che attraverso eventi di sensibilizzazione sociale, aiutano gli uomini a prendere consapevolezza della relazione nei confronti dell’altro sesso. Un fenomeno ancora poco visibile, purtroppo, ma in crescita.