“Quando ho incontrato per la prima volta D’Inessa?
Quando l’ho conosciuto? Forse ieri, forse in un giorno lontanissimo. Certo è da sempre che recepisco il suo modo semplice, piano, pieno di desiderio e d’illuminazione di discorrere delle cose dell’arte; e insieme quel suo volgersi al mondo dell’infanzia, della giovinezza, ma anche della poesia e della musica.
Talvolta sono state autentiche scoperte compiute nella personalità di D’Inessa, tali da spingermi a scrutare nella sua opera pittorica, in quella sua costante versatilità per il disegno.
Ed ecco, a quelle suggestioni, affacciarsi alla mente Marc Chagall, la sua pittura eterea, le composizioni di quelle sue figure vaganti nello spazio; ecco venirmi incontro Zavattini e i suoi minuscoli dipinti fatti di fiaba e di sogno.
D’lnessa è consapevole del suo modo d’essere artista, schivo e defilato da qualsiasi ricerca del facile e immediato successo.
Il suo mondo intimo non gli consente infatti prepotenze esibizionistiche: le bambole, i giocattoli, il venditore di palloncini, il cavallino di cartapesta, i mazzetti di fiori, il trenino, sono momenti del suo farsi bambino tra i bambini, quasi a scrutare in profondità quegli elementi essenzialità dell’esistenza.
Allora prendono sostanza quei colori di D’lnessa, il taglio tipico della composizione, lo scomparto tra mare e cielo in un paesaggio di fantasia; si fa oggetto la lunga teoria dei carrelli ferroviari, trainati da un’ipotetica locomotiva di legno, all’uscita del tunnel verso la piena luce.
Laggiù all’orizzonte si profila il suggerimento di una nuova opera: un azzurro, un giallo limone, un rosso vermiglio disegnano il profilo di un pagliaccio o di una maschera; un bianco caldo inserito in un ceruleo con tratti di verde e tinte violacee sono il torso del cavallino piantato sulla base di abete.
E lì c’è anche il bambino nascosto che attende di cavalcare quel cavalluccio a rotelle per correre felice verso l’avventura, la fantasia, la gioia.
Ecco, il tempo dell’infanzia e il poetico luogo della memoria di D’lnessa; un luogo che egli vive tutti i giorni quasi su un arcobaleno, dall’alto del quale si bea delle tante semplici cose di cui molti ormai non riescono più a cogliere l’autentico significato umano.”
Nunzio Sciavarrello
Giuseppe Finocchiaro D’Inessa Paternò (Catania) 1922 – 2006.
Pittore, scrittore, poeta.
Primo di undici figli, sin da piccolo, è attirato dal colore della creta (infatti il padre faceva mattoni). Altro motivo d’ispirazione, è il carretto variamente e fantasticamente decorato.
Dall’attenta osservazione fatta nella bottega del pittore di carretti nascono i primi disegni con cavalli e scene di battaglia.
Durante il periodo scolastico diventa suo maestro il pittore Giuseppe Barone, ritrattista e versato nella pittura sacra prima, e poi Salvatore Palumbo, che aveva lavorato a Tunisi a contatto con artisti francesi, dal quale apprende la tecnica dell’acquerello.
Negli anni dell’Università, a Napoli, si avvicina al Museo Nazionale, a quello di Capodimonte traendone motivo di studio per la sua formazione.
La vocazione per la pittura si fa sempre più pressante: è il 10 dicembre del 1963 data della prima esposizione personale a «La Scaletta» di Catania. D’allora in poi ha partecipato assiduamente all’attività del gruppo di artisti che si raccoglie attorno alla Galleria U.C.A.I. «Sicilia – Arte».
Al suo attivo sono annoverate mostre personali e di gruppo, presenze in manifestazioni artistiche nazionali e internazionali. Collabora a giornali e periodici con racconti e scritti di critica d’arte. Ha insegnato nelle scuole elementari sino al 1987.
Nel 1982 il Comune di Bronte gli ha conferito il «Premio XXIV Casali» per la Pittura. Sue opere figurano in collezioni pubbliche e private tra cui «The Bertrand Russel Peace Foundation», Londra e la «Cittadella dell’Oasi» Maria SS. di Troina.
In U.S.A. (New York) ha partecipato come scenografo al «Columbus Day» 1970. E’ stato segretario dell’Istituto per la Cultura e l’Arte di Catania.